.. Mi è capitato di leggere un articolo di Valerio Magrelli, l'altro giorno: si intitolava
LA SOLITUDINE DEL LETTORE. Scomparsi i librai, estinti i critici, siamo ormai circondati da blogger e consigli “orizzontali”. Come è possibile orientarsi davanti a un’offerta di libri sempre più caotica e pervasiva?
..Prendendo ad esempio questo articolo, nel mio piccolo inizierò la mia personale battaglia anche contro le- spesso- ignobili fascette pubblicitarie! ;-)
LA SOLITUDINE DEL LETTORE. Scomparsi i librai, estinti i critici, siamo ormai circondati da blogger e consigli “orizzontali”. Come è possibile orientarsi davanti a un’offerta di libri sempre più caotica e pervasiva?
..Prendendo ad esempio questo articolo, nel mio piccolo inizierò la mia personale battaglia anche contro le- spesso- ignobili fascette pubblicitarie! ;-)
(*di seguito, riporto l'articolo)
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LA SOLITUDINE DEL LETTORE
di VALERIO MAGRELLI
Una ventina d’anni fa il mercato librario fu investito da una serie di
eventi minacciosi. Il primo accadde a Parigi, dove l’editore Marabout
pubblicò grandi classici “riassunti”, ossia dotati di segni e freccette
per spiegare al lettore quali passi saltare. Il secondo, sempre in
Francia, riguardava l’apertura di supermercati del libro diretti a
ridurre i prezzi fino al 60 per cento. Il terzo, di portata europea,
coincideva con la crisi delle piccole librerie. Il quarto, di origine
italiana, vedeva infine la crescita dei bootlegs, edizioni pirata di
bestsellers. Libri zapping allaReader’s Digest,libri scontati come
detersivi, libri smerciati negli ipermarket, libri imitati nelle
bancarelle: su questo fosco quadro si chiudeva il millennio, mentre già
all’orizzonte si annunciava l’ebook. E adesso? Parafrasando un titolo di
Fruttero e Lucentini, verrebbe da chiedersi: a che punto è la notte?
Proprio per valutare l’attuale situazione, il New York Times ha dedicato
un articolo al tema del lettore non più solitario, ma solo. L’indagine
muove da Virginia Woolf, che nel 1925 notava quanto fosse difficile
leggere un romanzo. Ebbene, se ciò era vero circa un secolo fa, ora
l’impresa risulta ben più ardua. Infatti, da un lato la capacità di
concentrazione risulta atrofizzata dal multi-tasking (il piacere- dovere
di svolgere più occupazioni insieme), dall’altro appare spesso
disturbata dalle attrattive di iPad, iPhone o computer. Ecco allora la
principale forma di smarrimento che ha colpito il lettore: la perdita di
quella dimensione spirituale che Simone Weil chiamava “attenzione”, e
un filosofo quale Malebranche definiva “preghiera naturale dell’anima”.
Subito dopo una simile menomazione, chiunque voglia oggi affrontare un
libro degno di questo nome (e non i prodotti di consumo battezzati
daAndrea Cortellessa “monnezzoni scala-classifica”), si imbatterà in
un’altra difficoltà, dovuta alla scomparsa della critica letteraria
giornalistica. In tutto l’Occidente, da metà Ottocento, la stampa
contemplava la presenza di una figura semi-sacrale, un professionista
delle lettere chiamato a orientare il pubblico in base alle proprie
riconosciute competenze. Inutile ricostruirne l’estinzione (basti dire
che sin dal 1839 Sainte-Beuve vedeva i rischi di una “letteratura
industriale”). Certo è che ormai la sua funzione è stata sostituita da
quella di testimonial, tifosi, acquirenti.
E qui va riportata una
definizione di Tiziano Scarpa: così come al musicologo è subentrato il
dj (ossiadisc-jockey, dal termine inglese “fantino”, per indicare colui
che “monta” un disco, spingendolo sulle vette della top ten), ora è la
volta del bj, obook-jockey, che sprona i libri verso l’empireo dei
bestseller. Ecco quindi cantanti, attori, comici o semplici lettori
pubblicizzare libri. Il risultato è ovvio; la verticalità gerarchica
della rubrica letteraria si è trasformata nell’orizzontalità rizomatica
del blog, oppure si leggono semplicemente le recensioni dei lettori su
Amazon o, addirittura, i passaggi dell’opera che gli stessi hanno
sottolineato di più sui loro Kindle. Invece del consulto professionale
di uno specialista (fiscalista, idraulico, ortopedico), ci si scambia
pareri fra clienti, utenti, malati. Altrimenti detto, sarebbe come
salire il Cervino affidandosi a un collega d’ufficio o a un chitarrista,
piuttosto che a una guida alpina. In tal modo, alla fisiologica
solitudine del lettore, se ne è aggiunta un’altra, patologica e
deontologica: non aver più nessuno a cui chiedere consiglio.
IlNew
York Timeselenca anche concause marginali, ma non prive d’ironia
involontaria. È il caso degli scrittori pagati sempre meno, ai quali non
rimarrebbe che mangiare lametà o scrivere il doppio… Il rischio,
insomma, è che, con la scomparsa di librai e critici (quali figure di
intermediazione tra autore e lettore), abbiano la meglio i fast-book,
ossia quei testi che richiedono solo un contatto rapido e sbrigativo. Se
ciò si avverasse, il nostro paesaggio intellettuale risulterebbe
impoverito come dopo un bombardamento di defolianti. Ma il libro è un
virus difficile da debellare, un organismo mutante, e c’è da sperare che
ancora una volta trionfi su ogniforma di disinfestazione. Non per
niente, Borges cantava: «Che altri si vantino delle pagine che hanno
scritto; / io sono orgoglioso di quelle che ho letto ».
Frasi del
genere andrebbero stampate su ogni copia, come si fa con le avvertenze
sulla nocività del tabacco. Ogni volume dovrebbe recare impresso
l’avviso: “Giova alla salute. Non provoca il cancro”, ma soprattutto:
“Favorisce la conoscenza e la passione”. Infatti, nel legame che si
stabilisce traocchio e libro, mente e riga, cuore e testo, non importa
l’oggetto, ma il processo, l’arco voltaico, la scintilla che scocca come
tra i poli di un fenomeno elettrico.
Certo, si può ironizzare su
tutto questo, e nessuno lo fece tanto bene come Walter Benjamin, che
nell’articolo Libri e prostitute spiegò come sia gli uni sia le altre si
possano portare a letto (ma a pagamento), abbiano persone che vivono
alle loro spalle (protettori e critici), ricevano clienti in case
pubbliche (bordelli o biblioteche). Tutto sommato, però, al nostro
lettore futuro sarebbe meglio ricordare Rilke, che proprio in una
biblioteca scrisse: «Sono qui e leggo. Nella sala ci sono molte persone,
ma non si fanno sentire. Sono dentro i libri. Qualche volta si muovono
fra un foglio e l’altro, come uomini che si rivoltano nel sonno, fra un
sogno e l’altro. Come si sta bene in mezzo agli uomini quando leggono.
Perché non sono sempre così?».
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