giovedì 9 gennaio 2014

Una mela al giorno toglie il medico di torno.



Una mela al giorno toglie il medico di torno.
 Certo, se poi la mela è piena di pesticidi a poco serve. In quest’epoca dove ogni cosa è contaminata, c’è ancora qualcosa che rimane indenne e che fa bene, alla mente, ma anche alla salute: 
un libro 
possibilmente bello. 

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Sono sempre più numerosi gli psicologi, ma anche i sociologi ed i docenti universitari, nonchè gli addetti ai lavori nel campo dell’editoria, ad essere d’accordo su questo teorema: un libro è terapeutico ed è un’ottima compagnia nelle situazioni critiche della nostra vita. Non a caso la Book Therapy, o Terapia del Libro, basata sugli studi dello psichiatra gallese Neil Frude, è stata recentemente riconosciuta dal National Health Service, il servizio sanitario inglese, come rimedio contro i mali del nuovo millennio, come lo stress. E si sa che lo stress è portatore di molti malanni fisici, perciò ecco per noi circa 100mila libri curativi, prescritti per ogni tipo di sintomo.
Alcuni titoli medicamentosi li troviamo in un libro recentemente pubblicato da Sellerio: “Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno”, di Ella Berthoud, Susan Elderkin. Un dizionario di romanzi adatti per ogni disturbo, dal mal di testa (con Hemingway) ai reumatismi (con Calvino), curando però anche mali più impegnativi, come il mal d’amore (con Fenoglio o Emily Brontë) o smussare aspetti negativi del nostro carattere, come l’arroganza, magari leggendo Jane Austen. Un divertente prontuario che serve a dimostrarci i grandi poteri di un libro e la sua capacità di cambiarci la vita, se letto nel momento opportuno.


Ella Berthoud, Susan Elderkin Curarsi con i libri. Rimedi letterari per ogni malanno
A cura di Fabio Stassi
Sellerio Editore, 2013
640 pp, euro 18 







PS: Curarsi, ma anche nutrirsi. Di libri se ne possono “divorare” in GRAN quantità e non fanno ingrassare, anzi alleggeriscono la nostra mente e la aprono a nuove esperienze e curiosità.


Analisi grottesca della favola...


…E tutti vissero felici e contenti”
E’ il classico finale di ogni fiaba o favola, il lieto fine, l’happy end che sistema ogni cosa e riporta la serenità. Ma siamo veramente sicuri che la morale della favola sia sempre positiva?


 Andando a vedere più in profondità, infatti, scopriamo che non tutti gli insegnamenti dati dai racconti che si leggono da anni ai più piccoli siano poi effettivamente da seguire.
Al contrario, essi si rivelano come macabri e sinistri, talvolta addirittura 'splatter'. In realtà, c’è poco da stupirsi, dato che la maggior parte dei racconti che conosciamo sono il frutto di un processo di edulcorazione di storie e novelle popolari, ripulite da ogni aspetto macabro e grottesto. Lo fecero per primi i fratelli Grimm quando nel 1815 pubblicarono “Le favole dei fratelli Grimm”, un compendio di vecchi racconti popolari riadattati ad un pubblico meno adulto ma che all’inizio erano ricchi di omicidi, infanticidi, situazioni di cannibalismo, mutilazioni e abusi sessuali.
E’ il caso di Cappuccetto Rosso: nella versione che conosciamo tutti, alla fine il boscaiolo salva Cappuccetto e nonna dalla pancia del lupo, ma le versioni precedenti hanno finali decisamente più neri, come la morte di nonna e nipote e addirittura in alcune versioni Cappuccetto Rosso che si toglie i vestiti e viene poi mangiata dal lupo, un gesto che è stato metaforicamente associato allo stupro e alla violenza sessuale. Hansel e Gretel è invece il triondo del cannibalismo, dell’abbandono dei minori e dell’omicidio più efferato: la strega, per chi non se lo ricorda, muore bruciata viva nel forno.
Anche nella romantica storia d’amore di Cenerentola c’è un lato nero e violento: a parte la situazione di semi schiavitù della povera ragazza, nei racconti originali le due sorellastre, pur di calzare la scarpetta, si tagliano - su consiglio della madre - un dito del piede. A svelare l’inganno, due colombelle che fanno notare al principe la copiosa fuoriuscita di sangue dalla scarpina.
Poco amata dalle femministe oltre che Cenerentola, c’è anche la fiaba di Barbablù, la cui morale è quella di non disobberire mai agli ordini del marito se non vuoi ritrovarti in mille pezzi in una stanza segreta della casa assieme alle altre ex consorti.

Femminicidio, ma non solo: in Le cicogne di Hans Christian Andersen vige l’infanticidio. Le cicogne, protagoniste della favola, mentre stanno portando dei neonati nelle case, vengono derise da alcuni bambini, così anni dopo porteranno in segno di vendetta a questi bambini dei fratellini morti.
Violenza, morte e molto altro sono perciò gli ingredienti principali di fiabe e favole di una volta: eppure non esiste prova scientifica che queste storie abbiano mai alimentato l’aggressività nei più piccoli. E comunque è una violenza che rispetto alle scene, le immagini, i giochi e i racconti che pervadono oggi la nostra società risultano di minore impatto..


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