…E tutti vissero felici e contenti”.
E’ il classico finale di ogni fiaba o favola, il lieto fine, l’happy end che sistema ogni cosa e riporta la serenità. Ma siamo veramente sicuri che la morale della favola sia sempre positiva?
Andando a vedere più in profondità, infatti,
scopriamo che non tutti gli insegnamenti dati dai racconti che si
leggono da anni ai più piccoli siano poi effettivamente da seguire.
Al contrario, essi si rivelano come macabri e sinistri, talvolta addirittura 'splatter'. In realtà, c’è poco da stupirsi, dato che la maggior parte dei racconti che conosciamo sono il frutto di un processo di edulcorazione di storie e novelle popolari, ripulite da ogni aspetto macabro e grottesto. Lo fecero per primi i fratelli Grimm quando nel 1815 pubblicarono “Le favole dei fratelli Grimm”, un compendio di vecchi racconti popolari riadattati ad un pubblico meno adulto ma che all’inizio erano ricchi di omicidi, infanticidi, situazioni di cannibalismo, mutilazioni e abusi sessuali.
E’ il caso di Cappuccetto Rosso: nella
versione che conosciamo tutti, alla fine il boscaiolo salva Cappuccetto e
nonna dalla pancia del lupo, ma le versioni precedenti hanno finali
decisamente più neri, come la morte di nonna e nipote e addirittura in
alcune versioni Cappuccetto Rosso che si toglie i vestiti e viene poi
mangiata dal lupo, un gesto che è stato metaforicamente associato allo
stupro e alla violenza sessuale. Hansel e Gretel
è invece il triondo del cannibalismo, dell’abbandono dei minori e
dell’omicidio più efferato: la strega, per chi non se lo ricorda, muore
bruciata viva nel forno.Al contrario, essi si rivelano come macabri e sinistri, talvolta addirittura 'splatter'. In realtà, c’è poco da stupirsi, dato che la maggior parte dei racconti che conosciamo sono il frutto di un processo di edulcorazione di storie e novelle popolari, ripulite da ogni aspetto macabro e grottesto. Lo fecero per primi i fratelli Grimm quando nel 1815 pubblicarono “Le favole dei fratelli Grimm”, un compendio di vecchi racconti popolari riadattati ad un pubblico meno adulto ma che all’inizio erano ricchi di omicidi, infanticidi, situazioni di cannibalismo, mutilazioni e abusi sessuali.
Anche nella romantica storia d’amore di Cenerentola c’è un lato nero e violento: a parte la situazione di semi schiavitù della povera ragazza, nei racconti originali le due sorellastre, pur di calzare la scarpetta, si tagliano - su consiglio della madre - un dito del piede. A svelare l’inganno, due colombelle che fanno notare al principe la copiosa fuoriuscita di sangue dalla scarpina.
Poco amata dalle femministe oltre che Cenerentola, c’è anche la fiaba di Barbablù, la cui morale è quella di non disobberire mai agli ordini del marito se non vuoi ritrovarti in mille pezzi in una stanza segreta della casa assieme alle altre ex consorti.
Femminicidio, ma non solo: in Le cicogne di Hans Christian Andersen vige l’infanticidio. Le cicogne, protagoniste della favola, mentre stanno portando dei neonati nelle case, vengono derise da alcuni bambini, così anni dopo porteranno in segno di vendetta a questi bambini dei fratellini morti.
Violenza, morte e molto altro sono perciò gli ingredienti principali di fiabe e favole di una volta: eppure non esiste prova scientifica che queste storie abbiano mai alimentato l’aggressività nei più piccoli. E comunque è una violenza che rispetto alle scene, le immagini, i giochi e i racconti che pervadono oggi la nostra società risultano di minore impatto..
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