Ci sono incontri che non sono tali, ma portano con sé la separazione. Succede quando ci si ritrova per salutarsi per una partenza, per esempio, e il treno che parte ne è l’immagine più classica. Se tale separazione, forzata, riguarda due persone che si amano, allora l’incontro assume sfumature da tragedia.
È quanto ci racconta la scrittrice e poetessa neozelandese Katherine Mansfield (1888-1923) nel suo componimento L’incontro. Se molti di noi la conoscono come autrice di stupendi racconti, non dobbiamo dimenticare i suoi poemetti, ardenti di passione, in cui condivie le vicende tormentate di un amore giovanile che non è andato a finire bene.
" E cominciammo a parlare,
Guardandoci un attimo, imbarazzati e schivi,
Intristivo nelle lacrime crescenti,
Ma piangere non potevo; e ardevo
Prenderti per mano, se la mia
Non avesse tanto tremato.
La somma facesti quindi dei giorni
Che portavano a un altro convegno,
Benché ognuno sentisse nel cuore
Che appartato andava ormai per sempre.
Il suo d’una campana acuta infittì la stanza.
«Ascolta», dissi. «Batte alta
Come un cavallo in galoppo sopra una deserta strada,
Né meno cruda d’un galoppo perso nella notte».
La morsa delle tue braccia mi fece tacere,
Finché il rintocco travolse il battito dei nuovi cuori.
«Non posso andare» scandì la tua voce,
«Quanto vive di me è qui in eterno».
Così in disparte te ne andasti.
Il mondo era mutato. La campana giunse sopìta,
E sempre più fioca divenne una minuta cosa.
Confidai all’oscurità: «Se si ferma devo morire». "
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