Lo scorso weekend ci siamo ricordati di due nomi oltre ogni altro: Jannacci e Califano. Jannacci mi riporta all’infanzia, a mio nonno che cantava Vengo anch’io. No tu no e io che poi scoprivo pezzi come Silvano. Di Califano mi pice tanto tanto Annamaria. M’accorgo solo ora che fu capace di scrivere testi come quello di Io nun piango o di parlare di un uomo che invecchia e è consapevole che per lui non ci saranno altre occasioni d’amare, ma anche di far ridere imprecando in romanesco con Piercarlino.
Allora si può dire che qualcosa li ha accomunati, Jannacci e Califano: l’aver affrontato il comico e il tragico, che nella vita si mescolano. Non è da tutti saper gestire entrambi.
Quasi non avevo scelta per la recensione di oggi: piangiamo e ridiamo. Alternativamente o nello stesso momento.
Alternativamente
Visto che di libri parliamo, non possiamo non chiamare in causa il genere letterario che ha nome tragedia. Se una di tragedia non ti basta, e vuoi la garanzia della firma, non c’è niente di meglio forse che il Mammut delle tragedie shakespeariane. Tra Romeo, Riccardo III, Otello e il suo mostro dagli occhi verdi, ne avrai per un po’ di condizioni dell’animo esasperate.
I cechi probabilmente ci riderebbero su. Per lo meno questo è quello che viene da pensare con Fatti il tuo paradiso. Mariusz Szczygiel (fammi sapere poi se ce l’hai fatta a leggere il cognome), un giornalista polacco, s’è ficcato tra il popolo ceco, c’ha vissuto per un po’, se l’è gustato per bene, ha gustato soprattutto quello che più di tutti lo contraddistingue: il senso dell’umorismo. Di fronte a qualsiasi cosa, anche la più tragica.
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Nello stesso tempo
Per ultimo, il più celebre nostro ritratto comico del piccolo impiegato sfruttato e deriso. Paolo Villaggio inventò il personaggio di Fantozzi attraverso la penna, e solo dopo, con Salce, ne fece una saga. Fantozzi, Rag. Ugo è una trilogia: ci son dentro i primi tre romanzi del ragioniere “prototipo del tapino, ovvero la quintessenza della nullità”.
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