Nell’intreccio vediamo il Furer scampare alla Seconda Guerra Mondiale e risvegliarsi ai tempi della Merkel; si aggira per le strade, riconosciuto dalla gente che però lo scambia per un imitatore e suscita pure una certa tenerezza in uomo, che gli permette di riposare nel suo chiosco di giornali. Raccontato in prima persona, il romanzo vede l’ascesa di popolarità del protagonista nei media contemporanei, grazie ai suoi monologhi deliranti che vengono intesi dal pubblico come comicità allo stato puro. Il resto è tutto da leggere, chi non mastica il tedesco potrà gustarsi l’umorismo -amaro- del libro a breve, visto che verrà presto pubblicato da Bompiani; intanto in Germania infuriano le polemiche tra critici, leggo su Panorama che Er ist wieder da alcuni viene inteso come utile elemento di sensibilizzazione sui pericoli dei nostri tempi, ma altri lo leggono come un’ulteriore conferma della fissazione del paese verso questo personaggio storico da cui forse non riesce a staccarsi.
***
Ci sono alcuni argomenti di cui si parla poco o niente, vuoi per pudore, vuoi per timore. Uno di questi, per esempio, è l’aborto terapeutico, soprattutto se spinto alle estreme conseguenze. Se Oriana Fallaci in Lettera a un bambino mai nato aveva affrontato il tema dell’aborto e del dolore di una madre (per inciso, è stato il primo libro della Fallaci che ho letto), ora Simona Sparaco in Nessuno sa di noi torna a parlare di questo argomento, spesso ritenuto tabù, e lo fa con un romanzo forte, intenso, che lascia il segno.
Intervistata da Vanity Fair, Simona Sparaco dice la sua sul perché di questo tema non si parla:
Perché, come hanno detto alcune persone che hanno letto il mio romanzo prima della pubblicazione, è un tema troppo violento. Ma in realtà io credo che la violenza sia un’altra cosa. Perché Misseri va in Tv? Qual è la vera violenza? Io da scrittrice penso che la letteratura sia una partita a scacchi tra gli esseri umani e l’oblio. In questo romanzo il silenzio non è solo un silenzio esistenziale, ma anche un silenzio sociale che è pericolassimo, perché è lì che nasce il pregiudizio. E i suoi figli: il senso di colpa e la vergogna.
Nessuno sa di noi racconta la storia di Luce e Pietro che si recano dalla ginecologa per fare una delle ultime ecografie prima del parto. La gioia è tangibile e ci pensa la dottoressa a fenderla con una lama affilata dando loro una notizia tremenda: il piccolo Lorenzo è “troppo corto” e risulterà affetto da una forma grave di displasia scheletrica. E qui si innesta il tabù ovverosia l’aborto oltre i termini consentiti per legge. Che fare? Come regolarsi? Chi prenderà le decisioni?
Un passaggio del libro mi sembra particolarmente intenso:
"..Il trillo assordante del mio cellulare si mette in mezzo. Interrompe questo sguardo impaurito che ci stiamo scambiando, come due clandestini un attimo prima di oltrepassare la linea di confine. Dopo la quale non ci sarà più ritorno, ma soltanto la morte o la libertà. O forse entrambe.
Rispondo in modo automatico per far tacere la suoneria.
«Be’? Non mi hai fatto sapere com’è andata la visita ieri. Perché non mi hai chiamato?»
Mia madre.
«È Lorenzo. Purtroppo…»
«Gioia, che succede? C’è qualcosa che non va?»
«… non sta bene».
La voce di mia madre, al contrario della mia, sale di volume: «Santo cielo, che significa “non sta bene”?».
Provo a riprendere fiato, ma non riesco più ad articolare una sillaba. Passo il telefono a Pietro come se scottasse. Mi balocco con la bottiglietta d’acqua, mi manca persino la forza di bere.
«Signora, sono Pietro…»
Per la prima volta da quando lo conosco, Pietro parla con le lacrime che dagli occhi gli entrano nella bocca, mentre racconta a mia madre quello che ci è successo."
Nessun commento:
Posta un commento