Lunedì pomeriggio passeggiavo. Interessante, lo so… A un certo
punto ho sentito schiamazzi: tre bambini, due maschi e una femmina,
stavano correndo concitati in un giardino. Il più grande guidava gli
altri due:
“Svelti svelti! Dai, su, corriiiii!”. Si precipitavano da un punto all’altro, seguivano traiettorie illogiche, sfrecciavano
ridendo e disperati allo stesso tempo.
Infine si sono rifugiati in cima a uno scivolo, e il capo ha lanciato
l’ultimo grido: “Dai che ti prendeeee!”. Ho capito allora:
fingevano
di essere inseguiti da qualcuno. Forse si erano accordati prima su chi
fosse questo qualcuno, forse ciascuno dei tre s’immaginava la propria
minaccia.
Fatto sta che io
ero esclusa da quella dimensione. Ho
pensato a quando anch’io giocavo immaginando e basta. Ora non potrei più
farlo, non potrei correre lungo le strade ridendo e gridando agli
altri: “Attenti, vi prende!”. Io, purtroppo, mi vergognerei, gli altri
chiamerebbero il 118.
Oggi vi parlo di politica.
Sto scherzando,
parliamo d’infanzia.
***
Ripensarci da grandi
Il primo libro che m’è venuto in mente è
Tu, sanguinosa infanzia… che dal titolo non sembra promettere bene, lo so. Sono
racconti, questi di
Michele Mari. Ci sono i mostri e le
creature fantastiche che da bimbi trattiamo come reali, c’è il fatto che un banale evento possa diventar cruciale e drammatico quando si ha 8 o 9 anni, e poi c’è l’
inevitabile crescita,
di fronte alla quale puoi provare a conservare da feticista tutti i
vecchi giocattoli quanto puoi, ma il tempo avrà la meglio, “delapiderai”
l’infanzia. Sappi che “se hai venti giochi e ne conservi diciotto, sei
già fritto”.
Anche
Florina Ilis ha guardato all’infanzia da adulta, nella
Crociata dei bambini.
Abbiamo due treni in partenza: uno pieno di “grandi”, benestanti,
l’altro di “piccoli”, pronti alla colonia estiva. Poi ci sono tre
monelli di strada. Ecco il fatto:
il secondo treno verrà dirottato. Dai fanciulli stessi.
S’instaurerà a bordo una micro-società, qualcuno rifletterà sulla
libertà, e la Ilis su molte altre cose: ad esempio sull’importanza che a
una certa età si debba poter preoccuparsi soltanto di giocare su uno
scivolo immaginandosi inseguiti da chissà chi.
Ci sono
adulti che sono pagati per pensare agli infanti:
quelli che lavorano alla Lego. L’azienda danese è in piedi dal 1932, ne
ha passate tante, si è vista mettere in crisi da giochi ben più
interattivi di un mattoncino di plastica, ma ha resistito. In ottima
forma. Perché si è rinnovata. L’intera storia, le idee guida di una
simile impresa, te la raccontano
un giornalista, un manager e un professore di Storia Economica della Cultura in
Lego Story. Dove si scopre che oggi i Lego vengono usati anche dove s’insegna a diventar manager.
La fiaba
Genere letterario dell’infanzia per eccellenza è la fiaba.
O almeno così ci siamo abituati a pensare. Sbagliando. Prendi le
fiabe dei fratelli Grimm,
quei due tedeschi che in patria sono ricordati anche per lingua e
politica, ma che da noi sono arrivati soprattutto per le fiabe popolari
che hanno raccolto e riscritto e diffuso. Biancaneve, Cenerentola,
Cappucetto Rosso, per dire le più note. Ebbene,
ci fosse una fiaba in cui manchi il sangue, qualche smembramento corporeo, qualche assassinio. Walt Disney ha ripulito tutto senza lasciar traccia.
Italo Calvino
ci aiuta a far luce sul genere. A un certo punto della sua carriera
letteraria, fece un po’ quello che avevano fatto i Grimm: rintracciò le
fiabe più importanti della tradizione italiana, le tradusse dal
dialetto, e le raccolse. Un lavoro che gli valse una conoscenza
sull’argomento non indifferente, grazie al quale potè permettersi di
scrivere
un libro su un genere tanto arduo e dai mille significati:
Sulla fiaba. Così potrai capire che
certe storie che t’hanno raccontato, andavano raccontate in modo del tutto diverso. Ci vorrebbe un’altra infanzia, e vederne i risultati.