mercoledì 12 dicembre 2012

Questo non è un 'post'. E' una lettera.



Il tema del post di oggi viene da due aneddoti capitatimi nel weekend. Il primo: non so se a voi è successo recentemente, ma io, dopo credo 7 anni, ho ripreso in mano una penna e ho scritto una lettera “alla vecchia maniera”. Su un foglio di carta, strappato dalla metà di un quaderno. Il secondo episodio ha per protagonisti un padre e i suoi due bambini, con in mano, ciascuno, una busta da lettere, tutti e tre accanto a una cassetta della posta. C’era indecisione, nei fanciulli. Non sapevano in quale delle due fessure imbucare le missive.
 

Il padre: “Scusate ma… dove abita Babbo Natale? ..A Travettore di Rosà?”.
I figli: “Nooo”.
“E allora ‘per tutte le altre destinazioni’!”.


L’ho fatto anch’io, a quell’età, imbucare concretamente la lettera per Babbo Natale. La vicinanza dei due episodi, successi a distanza di circa 22 ore, mi ha fatto propendere per questa scelta: oggi vi parlo di quel cimelio chiamato “lettera”.

 
Scritti a mano*
Se è cimelio che l’ho chiamata, cade a pennello un libro che abbiamo voluto tra i consigli di dicembre: L’estinzione dei tecnosauri. Le lettere e le cassette postali, così come i fax, s’annoverano tra quegli strumenti che stanno sull’orlo del dirupo del disuso. Ce ne sono altri che il salto l’hanno già fatto. Pensate alle videocassette. E altri ancora che son stati buttati di sotto prima ancora di vedere la luce del commercio, oggetti di cui ignoriamo la passata esistenza, a cui qualcuno ha deciso di mettere fine preferendo altri progetti.
Ci sono lettere che hanno del merito e diventano libri. È successo col De Profundis di Oscar Wilde, una lettera all’amante che fu per lui gioia e dolore e causa di incarcerazione. Proprio dal carcere gli scrive, ripercorrendo l’intera loro storia, confidando e considerando cose fino a quel momento taciute. Se Wilde è ricordato oggi soprattutto per i suoi aforismi e le sue commedie argute, qui si troverà un altro Wilde, quello accorato che parla di sé senza l’artificio dell’arte. In quest’edizione ci sono entrambi.
Terzo modo possibile di guardare a una lettera: come personaggio di un romanzo. L’idea ce l’ha avuta Agatha Christie, che ha pensato bene di usare le lettere come strumento di morte in Il terrore viene per posta. Non si tratta di lettere particolarmente affilate, non portano la fine in quel senso, ma attraverso il loro contenuto. Sono lettere anonime, che non lasciano altra scelta al destinatario, che appena lette, le posa, e fa quel che solo può fare: suicidarsi.

Metodi d’altri tempi
*
Ora giochiamo coi tempi. Passato, presente e futuro. Tra i primi due si muove Franca Valeri in Le donne. Questo libro fu pubblicato cinquanta anni fa. Oggi viene riproposto, con parti nuove, che hanno come conseguenza di ritrarre una traversata tra le età: come e dove scrivevano le donne negli anni 60, come e dove scrivono oggi. Dalle lettere, agli sms, alle email. Cambia il supporto e cambia il contenuto. Si ha un affresco comico, visto il mestiere dell’autrice, di ritratti femminili già andati, ancora presenti o in via di formazione.
Infine, il futuro. Un futuro immaginato, e d’altronde non potrebbe non esser tale. Andrea Tarabbia se lo figura così: due Stati, una guerra e un metodo particolare di comunicare: messaggi criptati tracciati su missili. Chi pensa a scriverli , nello Stato di H., sono le bambine rimaste orfane, a cui s’insegna a farlo con una calligrafia perfetta, una calligrafia che sia arte della guerra. Finché un giorno, dall’altro Stato, arriva un missile con un messaggio che non si riesce a decifrare.