giovedì 17 gennaio 2013

Un grande salto (virtuale) per l' Umanità...




Ci sono notizie di fronte alle quali uno non può far finta di niente. Intendo quelle trovate o scoperte che sono una rottura e un nuovo punto d’inizio nella storia dell’umanità, uno scatto in avanti che ci cambia già nell’immediato e ci cambierà ancora più profondamente a lungo andare. Posso scomodare il termine “rivoluzione”, sì, se me lo concedete. Una rivoluzione dalla portata immensa compiuta da un singolo misero oggetto, o da una legge fisica prima ignorata, o da un fenomeno naturale di cui improvvisamente qualcuno s’accorge.
Quando si pensa: “Ci siamo. Stavolta non saremo più gli stessi”, dove è l’intero genere umano, il soggetto della frase.
È senza dubbio questo il caso dell’invenzione di cui ho appreso l’esistenza ieri pomeriggio: al CES di Las Vegas di quest’anno (la più grande fiera internazionale dei prodotti elettronici di consumo) è stato presentato un esempio concreto, da toccare e guardare, di… camerino virtuale. Capite? Non dovremo più spogliarci nei negozi di abbigliamento! Ditemi se non è una conquista per l’umanità, questa. (...!!) -sigh-


                                         ...Allora oggi vi parlo di tecnologia virtuale.



Qualche domanda:

Tomás Maldonado ha un’infinità d’interessi, e tra questi ci ha messo la tecnologia, ponendosi proprio il problema del rapporto che si sta instaurando tra Reale e virtuale. Oltre a notare come le tecnologie dedicate al virtuale siano state sviluppate soprattutto per creare oggetti per uccidere o dilettare, si chiede: dobbiamo aspettarci un futuro del tutto immateriale? Pare di no. E chi gliel’assicura, a lui? La nostra dipendenza dalla fisicità: “Piaccia o meno, noi siamo condannati, come tutti gli esseri viventi, a dover fare i conti con la nostra fisicità e con quella dell’ambiente”.

Kevin Kelly, cofondatore della rivista Wired, ambientalista e studioso appassionato di tecnologia, s’è posto analoghi quesiti. Partendo dai progressi anche poco noti della ricerca tecnologica, non si è fermato a ricordare il passato, si è proiettato anche nel futuro. Cosa ci succederà considerando la direzione che stanno prendendo varie branche tecnologiche? Ha cercato di capire Quello che vuole la tecnologia. Risposta: espandersi. Sta a noi decidere quale forma di espansione darle.

Infine, qualcuno che si pone di fronte al virtuale per allontanarsene. Anziché immaginare i possibili sviluppi della tecnologia, Luciano De Crescenzo recupera il passato, un certo tipo di passato che, su di noi, ha le stesse capacità di azione d’immedesimazione del virtuale. La mitologia. Ulisse era un fico perché era già un uomo moderno, Amore e Psiche hanno qualcosa da dirti sull’amore, Narciso non è troppo distante da te che ti aggiusti davanti allo specchio, e, se hai dubbi sulla vicinanza a noi di certi dei, ricorda che Zeus tradiva come non ci fosse stato un domani.



Abituati al virtuale:

Per chiudere, due fuoriclasse di mondi virtuali. Si tratta di due autori di fantascienza: uno venuto prima e considerato un maestro, un altro arrivato dopo e elogiato da molti amanti del genere. Entrambi hanno scritto romanzi in cui il confine tra reale e virtuale è indistinguibile o labile.
Il primo è Philip Dick. Nelle Tre stimmate di Palmer Eldritch il virtuale è doppio: c’è quello che riproduce la nostra Terra e consola i poveri terrestri finiti a vivere su Marte, c’è quello che simula una realtà del tutto immaginaria e è controllato da un unico essere umano. Entrambi sono frutto di droghe potenti.


Il secondo autore è Paul Di Filippo. Lo scontro tra reale e virtuale è esplicito in un racconto come Wikiworld. Ma qui vi accenno a un romanzo: Un anno nella città lineare. Il titolo dice l’ambientazione: siamo in una città costituita da una strada lunghissima, di cui nessuno sa se esista inizio e fine. Gli unici limiti visibili sono quelli ai lati della strada: i binari e il fiume. Oltre questi, l’oltretomba. Una tipica città di provincia, diciamo.