sabato 12 ottobre 2013

Vicini di casa....

Se mentre stai facendo una cosa che devi fare pensi: “Ok, porto fuori il gatto dei vicini assieme all'immondizia, faccio una corsa a fare un prelievo in banca e in 10 minuti torno così sono a posto e posso preparare la torta per la cena di stasera.." e abiti in un quartiere in cui dimorano altri esseri umani oltre a te, non dimenticare che stai trascurando un possibile imprevisto che farà diventare quei 10 minuti trentacinque: il vicino che torna a piedi dal supermercato di zona (se non c’è alcun supermercato in zona, non importa. Starà tornando a piedi da qualche altro posto). Il vicino ti avvicinerà ponendo attenzione al gatto (come al solito), la sposterà su di te, avrà voglia di parlare mentre continuate a camminare. E ti dirà dei suoi cani deceduti, del gatto sbranato dal cane dirimpettaio, ti chiederà che lavoro fai e dove lo fai, non capirà e allora farà altre domande, inizierà a capire e vorrà approfondire, ti racconterà di quel parente che “lavora col computer” e non esce mai, ti metterà in guardia da un simile rischio, dal parente passerà al figlio e allora tornerà a parlare di cani, per dirti di quella volta che una delle tre cagne del suddetto figlio, per gelosia delle altre, si è avventata su di loro, ha mancato il bersaglio, e ha azzannato un dito del figlio “strappandogli un’unghia”.

Tutto questo m’è successo ieri mattina, e ho ancora la faccia contratta all’idea dell’ultimo dettaglio...! 

 Andiamo con cinque libri in cui s’incontrano i vicini.


 
Quartieri interi

Sappiamo dei diverbi che nascono per presenza in condominio di animali. Pensa se uno si mette in casa un maiale. Poi c’è da aggiungere una questione, a proposito di Magari fossi un’onda : il maiale, in quella città dell’Angola in quel periodo, è un animale che non va bene, è un atto di disobbedienza a chi governa. Ne nasce un romanzo che fa della comicità, che riesce a esser continua e mai scadente, la chiave più mordace per narrare di un Paese.

Jonathan Lethem ha fatto luce non su un Paese ma su un quartiere. Quello in cui è cresciuto, a Brooklyn, quando la divisione bianchi-neri era stridente. La fortezza della solitudine narra questo tipo di vicinato, e quella dimensione interiore, di quando sei bambino ed esci con gli amici del quartiere, i pomeriggi sono infiniti, e ci sono amicizie che non hai neanche il sospetto possano finire. Poi la musica, le droghe, i fumetti. Ma pure tanto altro, davvero.

Cosa succede in Pioggia nera te lo spiega un bambino. O meglio, i ricordi di un adulto di quand’era bambino, abitava in un piccolo bilocale, era costretto a dividere lo spazio con un essere odiato, guardava dalla finestra una piazza in cui ne succedevano di ogni, e captava gli occhi del bambino che viveva di fronte, in una casa, si scoprirà, coi suoi bei problemi. È un romanzo magnificamente costruito da Simenon, che fa ballare chi legge da un punto di vista all’altro, e da un lato all’altro della strada.


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Restringiamo il campo

Scendiamo a due vicini soltanto. Malamud ci ficca in una palazzina che sta per essere distrutta, ci mette a fianco uno scrittore, apparentemente unico rimasto perché ha da terminare il suo terzo romanzo, poi ci fa sentire il ticchettare di una seconda macchina da scrivere. Gli inquilini sono due, uno bianco l’altro nero, entrambi figure umane tenaci che non abbandonano i piani. Ciascuno premendo su se stesso, invischiando l’altro, in quello spazio deserto in cui si sono arroccati.

Marina Palej, scrittrice russa, ha reso il tutto ancora più ristretto: abbiamo un unico appartamento e due coinquilini. Mike e Klemens . Mike che ospita Klemens, e poi se ne invaghisce, come un maniaco, lo segue, lo aspetta, lo fotografa. Ma l’altro nelle foto non viene bene, come fosse un fantasma o un’entità non umana. Ci viene il dubbio allora che qualcosa non quadri. Chi è ‘sto benedetto Klemens? La Palej è brava a incastrare le storie, a passare dall’alto al basso nei toni e negli scenari, e a seguire il delirio di Mike e il mistero di Klemens.

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