giovedì 22 novembre 2012

Dipende dai.. Punti di Vista !! -ovvero le tagliatelle di Nonna Pina-


Domenica sera mia nonna mi ha raccontato una storia che non conoscevo. Si parlava di presunti miracoli, e lei se n’è uscita con: “Io sono stata miracolata da piccola”. Ecco in cosa è consistito il suo miracolo (notare bene l’aggettivo “suo”): un giorno di circa 70 anni fa, mentre era in casa, sentì una musica piacevole provenire dall’alto. Il miracolo non fu questo, non vide Dio suonare il piano o qualcosa del genere. Per capire cosa fosse quella musica, mia nonna andò sul tetto di casa sua, operazione che le fu resa possibile da non ricordo cosa sinceramente.
Comunque, arrampicatasi sul tetto, le venne la bella idea di sedersi sopra un lucernario. Risultato: il vetro si ruppe, lei precipitò nella cucina del vicino che stava pranzando, atterrando su un piatto di tagliatelle, che probabilmente le salvò la vita. Tutto questo fu visto da lei come un innegabile miracolo. Dal suo vicino un po’ meno: spaventato, fu preso da infarto e morì.
 

Stasera vi scrivo del 'punto di vista':

C’è un libro in cui a essere guardata da più punti di vista è una città. Si chiama Gente di Dublino, l’autore è James Joyce, e sono certa che tutti ne avranno sentito parlare. Ogni racconto dà voce a un personaggio col proprio punto di vista, e a loro volta questi punti di vista individuali si dispongono nel libro secondo il punto di vista delle diverse età di un’intera vita. Un trionfo di punti di vista, insomma.
Così come singoli libri, ci sono anche autori particolarmente propensi a giocare con prospettive differenti. Virginia Woolf fu una di questi. Nei suoi più importanti romanzi, si slitta da una mente all’altra, così che ora sappiamo come la pensa la signora Dalloway, ora come la pensa Septimus; in Gita al faro seguiamo i pensieri di un’intera famiglia, e non solo; in Orlando addirittura il gioco si attua su uno stesso personaggio, che prima ha un punto di vista maschile, poi femminile.
Ciò che più è adatto a riflettere i punti di vista è ciò che usiamo tutti i giorni, e che usano in particolare gli scrittori: la lingua. Ci sono parole che ti capita di pronunciare continuamente che sono il risultato di precise visioni o interpretazioni dei fatti. Gian Luigi Beccaria è un linguista italiano, e tra le pieghe delle parole dimostra che la lingua è la prima e la più forte spia di come i punti di vista dominanti cambino e si affermino nelle epoche e nella vita di tutti i giorni.

Se si ha a che fare con un fatto, e a raccontarlo sono più persone, e queste persone sono donne, e questo fatto è un delitto, e questo delitto s’ha da raccontare alla polizia, si può star certi che le versioni del suddetto fatto non saranno concordanti. Per lo meno è così in Donne informate sui fatti di Carlo Fruttero. La bidella, l’amica della morta, la contessa, la giornalista, e così via: ciascuna dice ciò che sa, e Fruttero non ci pensa neanche a fare il narratore onnisciente che chiarisce le cose.
Infine, donne alle prese con la filosofia. Se ci pensi a scuola, ad esempio, si tende a nominare solo filosofi maschi. Invece sin dall’antichità anche certe donne si sono fatte sentire, filosoficamente parlando, e le due autrici di Filosofia delle donne hanno pensato che fosse giunto il momento di raccontarle, considerando che la filosofia, per sua natura, “necessita di rappresentare la più ampia varietà possibile di punti di vista, e Ipazia è tra coloro che non hanno avuto finora voce nella filosofia tradizionale”.

Aramaico & Filosofia...




Sabato pomeriggio in libreria ho sentito bofonchiare arcane maledizioni. Era una ragazzina di circa 17 anni che sfogliava un libro di Kant. Il motivo della collera, un passo del libro: “Sebbene il sentimento tenda a figurarsi il mondo fisico in termini di finalità e di libertà, esso rappresenta soltanto un’esigenza umana, che, come tale, non ha un valore di tipo conoscitivo o teoretico. In altri termini, il sentimento permette, nel soggetto, l’incontro tra i due mondi. L’incontro, non la conciliazione. La conciliazione infatti implicherebbe l’oggettività del medio che concilia”. Non è una supercazzola, sono righe che pretendono di spiegare Kant a chi ha iniziato ora ad averci a che fare.
Oggi parliamo di libri che, rispetto alla filosofia, non esercitano una forza di repulsione, ma d’attrazione. 





Vita da filosofi:

Ci si può avvicinare alla filosofia ad esempio guardando alla concretissima vita quotidiana dei filosofi, per evitare di vederli come menti che sfornano concetti astratti che non riguardano nessuno. Armando Massarenti si occupa di filosofia, in varie salse, da anni, l’ha studiata e ne ha scritto. Nel Filosofo tascabile racconta aneddoti e particolari insospettati delle esistenze di alcuni filosofi, ce li restituisce come gli uomini simili a noi che furono, con tutte le loro contraddizioni e le loro debolezze.
Manuel Cruz
ha fatto qualcosa di simile, ma concentrandosi su un aspetto che riguarda tutti, ed è tra quelli della nostra vita che più ci smuove: l’amore. Nell’Amore filosofo Cruz racconta come sia cambiato nel tempo il concetto di amore in bocca ai filosofi, e se, soprattutto, a conti fatti, l’abbiano o no incarnato. Nietzsche ad esempio, per dirla filosoficamente, andò fuori di testa per una russa, Lou Salomé, che lo fece penare, lo trascinò in una sorta di triangolo amoroso, e infine lo rifiutò.
Anche i Simpson avvicinano alla filosofia. L’hanno pensato tre filosofi, che hanno coinvolto 20 colleghi, e hanno scritto I Simpson e la filosofia, ovvero la filosofia applicata ai personaggi di Springfield. Sono diversi i particolari per i quali è possibile trovare un riscontro filosofico: il silenzio di Maggie, l’amore per il prossimo di Flanders, l’intera famiglia Simpson che può esser vista sotto un’ottica kantiana. Il rutto di Barney, no, non credo.


Filosofi romanzieri:

Alcuni filosofi si sono dati al romanzo, e spesso la narrazione alletta più della saggistica. A Albert Camus s’attribuisce la “filosofia dell’assurdo“, che si ritrova nel Mito di Sisifo, un saggio, ma pure ne Lo straniero, un romanzo. Qui al centro c’è Meursault, un uomo che non prova sentimento alcuno nei confronti degli altri, né della madre morta, né della donna amata, né dell’uomo ucciso. Interessante è arrivare al perché, di questa sua totale indifferenza, di cui è conseguenza, tra l’altro, la sua assoluta sincerità.
Voltaire
si sente , spesso e volentieri,  nominare. Altro filosofo a tutti gli effetti che ha usato la finzione letteraria per esprimere le proprie idee. Candido ne è un esempio. E' un esempio di come la filosofia possa essere ironica, dinamica e piacevole. Bersaglio prediletto qui è l’ottimismo di un certo Leibniz, parodiato nella figura del precettore Pangloss, un tedesco che, nonostante i peggiori cataclismi e sfortune in cui si ritrova invischiato, continua a credere che questo sia “il migliore dei mondi possibili”. Candido (/Voltaire) non è che sia proprio della stessa opinione.

Nomi d'arte..?





Due sabati fa.. si discorreva di film, con le mie amiche. Qualcuna se n’è uscita con: “L’altra sera ho visto Invincibilus”. Cinque secondi di silenzio, poi abbiamo capito: parlava di Invictus. L’episodio mi ha ricordato la madre di una mia amica ai tempi delle scuole elementari.. Aveva una particolarità, questa madre: storpiava i nomi di tutti gli altri genitori. Non volutamente, ma perché lei era proprio convinta, ad esempio, che Silverio si chiamasse Saverio, e a volte, più raramente, Silvestro. Toccò anche ai miei genitori ovviamente. Mio padre si chiama Alberto, divenne Roberto. Mia madre si chiama Emanuela, ma per questa signora rimase 'Franca' o 'Eleonora'.
 Oggi vi parlo di nomi alternativi, per la precisione di pseudonimi.

Firme “false”:

Ci sono autori che si firmano con nomi diversi dai propri. I motivi sono vari, ognuno ha il suo, qualcuno magari non ce l’ha. Sembra sia così per colui che si cela dietro addirittura a due nomi: Giovanni Aprile e Francesco Ficarra. In realtà un sospetto c’è: che siano Leone Guerrino. Ora la cosa si complica, perché è anche il personaggio di un romanzo del duo, cioè La curiosa scomparsa di Leone Guerrino, dove il Guerrino è personaggio mancante che fa scattare la ricerca on the road dei fratelli dai nomi decisamente esotici: Assergio e Orso. Una ricerca che sfocia in paesaggi e personaggi ai limiti e oltre il reale, con un sottofondo musicale: gli Who.

Alma Bevilacqua
si è a un certo punto chiamata Giovanna Zangrandi. Di pseudonimo ne ebbe anche un altro, in gioventù: Anna, e basta. E l’ebbe quando, insegnante, si unì alla Resistenza partigiana nel 1943, trasmettendo informazioni top secret e stampa clandestina, in seguito nascondendosi tra le montagne, e intervenendo in prima linea e col proprio corpo. Ricorda tutto nei Giorni Veri. Diario della Resistenza.
 
Infine, c’è chi s’inventa un nome e se l’affibbia perché ha cara la pelle. Come Gianni Palagonia, un poliziotto, da poliziotto impegnato a combattere la mafia. Prima in Sicilia, poi al Nord, dove è stato costretto a rifugiarsi in incognito. Nelle mani di nessuno lo racconta. C’è la parte che c’informa dei metodi d’indagine, dei gerghi criminali, dei tipi criminali, e c’è la parte umana, di chi si vede privato di una normalità personale, spinto da quel dovere morale di cui parlava qualcun altro vent’anni fa.


Nomi fittizi per individui fittizi:

Gli pseudonimi toccano anche ai personaggi, non solo agli autori. E alcuni, da quei personaggi, passano a noi. Come Gian Burrasca, oggi usato in caso di ragazzino non tranquillo. Il giornalino di Gian Burrasca fu tra i primi a iscriversi nella mia categoria personale di “libri che m’hanno infervorato”. Lo lessi 3 volte di seguito da bambina. È uno di quei casi in cui lo pseudonimo ce l’hanno entrambi, personaggio e scrittore, che si firmava Vamba, ma si chiamava Luigi Bertelli.

Infine, Miss Lonelyhearts, Signorina Cuorisolitari, altrimenti detta, nella traduzione italiana, Signorina Cuorinfranti. C’è un uomo dietro a questa donna fittizia che tiene una rubrica su un giornale per aiutare mogli e signore varie. Andrà in crisi quest’uomo, sopraffatto dai problemi degli altri, con la voglia di dare speranza quando è il primo a non averne..