mercoledì 3 aprile 2013

PECORANERA.. di Devis Bonanni

 ...Quante volte avete detto, o pensato

"AL DIAVOLO: MOLLO TUTTO E ME NE VADO A VIVERE DA SOLO, FUORI DA TUTTO QUESTO CAOS!!" ...?

Bene, c'è chi l'ha fatto sul serio. Invidiatelo o chiamatelo pazzo, ma Devis Bonanni ha trovato il senso d
ella sua vita:
 
Tra le montagne della Carnia, la straordinaria storia di un ventenne e della sua scelta di vita coraggiosa e controcorrente

 ***
 
Ha solo vent’anni Devis, quando in lui scocca la scintilla: vivere altrimenti è possibile. All’inizio è solo un sentimento, un’aspirazione, che a poco a poco si trasforma in concreto progetto di vita. Inizia così la sua avventura: da un piccolo orto senza aver mai visto prima una pianta di pomodoro, coltivando patate e cereali per ritrovare un contatto più immediato con la Natura e realizzare una prima, rudimentale forma di autosufficienza alimentare, accompagnata da uno stile di vita semplice ed ecosostenibile. Passa un po’ di tempo e a chi prevede che presto si stancherà di tutto ciò risponde con un atto irrevocabile: a 23 anni si licenzia dall’impiego come tecnico informatico e si trasferisce in una casetta prefabbricata riscaldata da una stufa a legna per dedicarsi a tempo pieno a quella che battezza “vita frugale”. Sono gli anni della crociata solitaria, caratterizzati da avventure e disavventure di ogni tipo, da episodi epici e tragicomici. Sono gli anni in cui nasce e matura un rapporto simbiotico con la Natura e i suoi elementi. E proprio quando le forze sembrano esaurirsi e l’entusiasmo delle prime stagioni vacilla, in Devis matura la convinzione che non potrà proseguire oltre senza condividere con altri il suo cammino.

“Si definisce pecora nera della famiglia o di un gruppo di conoscenti un individuo che ha imboccato una cattiva strada o che non soddisfa le aspettative degli altri componenti.” Pecoranera potrebbe essere solo l’espressione di un disagio generazionale, di una frattura già vista tra genitori e figli, tra il boom economico e la decrescita felice. Ma nel libro c’è anche altro: proposta e non protesta, tensione positiva proiettata nel futuro, un percorso di crescita individuale che si snoda in una mescolanza di anarchia contadina e sensibilità ecologica.


 "In questa nuova vita non ci sono domeniche. Le settimane non segnano più il passo. E' la natura a scandire il tempo. Non dovremmo portare più orologi al polso, come cappi al collo"
 - Devis Bonanni -

Riso e Pianto.. Recensioni d' Aprile...


Lo scorso weekend ci siamo ricordati di due nomi oltre ogni altro: Jannacci e Califano. Jannacci mi riporta all’infanzia, a mio nonno che cantava Vengo anch’io. No tu no e io che poi scoprivo pezzi come Silvano. Di Califano mi pice tanto tanto Annamaria. M’accorgo solo ora che fu capace di scrivere testi come quello di Io nun piango o di parlare di un uomo che invecchia e è consapevole che per lui non ci saranno altre occasioni d’amare, ma anche di far ridere imprecando in romanesco con Piercarlino.

Allora si può dire che qualcosa li ha accomunati, Jannacci e Califano: l’aver affrontato il comico e il tragico, che nella vita si mescolano. Non è da tutti saper gestire entrambi.

Quasi non avevo scelta per la recensione di oggi: piangiamo e ridiamo. Alternativamente o nello stesso momento.





 Alternativamente

Prima le cose serie (anche se il comico ben fatto è cosa seria). Un cadavere lo è. In Neanche i cani però di tragico prima di tutto c’è questo: chi è colui che è il cadavere. Non solo: anche coloro che raccontano la sua storia. C’è un noi collettivo, di emarginati totali della società, che ci fa sapere come quell’uomo sia arrivato a esser morto. È questa la tragicità che ha contribuito: disperazione degli uni, indifferenza degli altri.
Visto che di libri parliamo, non possiamo non chiamare in causa il genere letterario che ha nome tragedia. Se una di tragedia non ti basta, e vuoi la garanzia della firma, non c’è niente di meglio forse che il Mammut delle tragedie shakespeariane. Tra Romeo, Riccardo III, Otello e il suo mostro dagli occhi verdi, ne avrai per un po’ di condizioni dell’animo esasperate.

I cechi probabilmente ci riderebbero su. Per lo meno questo è quello che viene da pensare con Fatti il tuo paradiso. Mariusz Szczygiel (fammi sapere poi se ce l’hai fatta a leggere il cognome), un giornalista polacco, s’è ficcato tra il popolo ceco, c’ha vissuto per un po’, se l’è gustato per bene, ha gustato soprattutto quello che più di tutti lo contraddistingue: il senso dell’umorismo. Di fronte a qualsiasi cosa, anche la più tragica.

***

 Nello stesso tempo

Ora due casi di unione di comico e tragico. Il primo è un caso umano. Marty Feldman fu comico. E nell’esserlo gli fu di giovamento la faccia assurda, dagli occhi sporgenti e storti e il naso abbozzato. Ma quella faccia comica derivò da qualcosa di tragico. Robert Ross lo racconta; in più racconta l’infanzia, quando c’era da stare attenti a non farsi rubare i vestiti, i conflitti coi genitori, le fughe a Parigi, il vizio di alcool e droghe, e tutto il resto che della sua vita è riuscito a raccontare.
Per ultimo, il più celebre nostro ritratto comico del piccolo impiegato sfruttato e deriso. Paolo Villaggio inventò il personaggio di Fantozzi attraverso la penna, e solo dopo, con Salce, ne fece una saga. Fantozzi, Rag. Ugo è una trilogia: ci son dentro i primi tre romanzi del ragioniere “prototipo del tapino, ovvero la quintessenza della nullità”.