Romanzi, giochi stilistici, notturni sproloqui di un creativo pronto a 
confrontarsi con una sfida, pizzico salato contro la crisi di novità o 
malsano gioco…ed ecco che, dopo quasi due intere righe nelle quali ci 
siamo sforzati di “far senza”, la lettera 'e' ritorna ad 
affermare il suo diritto d’esistenza. Perché la sua intera rimozione 
all’interno di un testo non breve resta un’opera titanica, alla quale 
sottoporsi non é per niente facile. Accentata o pura, tale lettera, con 
il suo innegabile portato di enumerazione, è la base stessa delle 
descrizioni, ambientali e non. Legame fondamentale, ben più forte della 
sottile virgola, ma anche indispensabile vocale dalla fonetica apertura 
che quasi forza la pronuncia in un sorriso obbligato.Eppure la storia della sua rimozione esiste, eccome, e coincide con  
“La disparition”, 
lipogramma dello scrittore francese  Georges Perec.
 Un racconto che ha il ritmo serrato dell’avventura, e che mescola 
elementi fantastici ad un clima da poliziesco di violenza estrema senza 
alcuno spiraglio per la salvezza. Universo quasi surrealista di sfingi e
 indovinelli nel quale i personaggi che si distruggono a vicenda e 
progressivamente, rievocando la stessa storia dell’autore, colpito dalla
 morte di eux entrambi i genitori, il padre ucciso in guerra 
nel 1940, e la madre deportata ad Auschwitz agli inizi del 1943. Radici 
che affondano la storia nel dolore della guerra e sostanziano alcune 
ragioni espresse dallo stesso Perac in un’intervista del giugno del 1969,
 conservata sul sito degli archivi nazionali ina.fr, una perla da 
rivedere per apprezzarne il solo apparente nonsense che prende forma già
 nella definizione della grande assente:
Un racconto che ha il ritmo serrato dell’avventura, e che mescola 
elementi fantastici ad un clima da poliziesco di violenza estrema senza 
alcuno spiraglio per la salvezza. Universo quasi surrealista di sfingi e
 indovinelli nel quale i personaggi che si distruggono a vicenda e 
progressivamente, rievocando la stessa storia dell’autore, colpito dalla
 morte di eux entrambi i genitori, il padre ucciso in guerra 
nel 1940, e la madre deportata ad Auschwitz agli inizi del 1943. Radici 
che affondano la storia nel dolore della guerra e sostanziano alcune 
ragioni espresse dallo stesso Perac in un’intervista del giugno del 1969,
 conservata sul sito degli archivi nazionali ina.fr, una perla da 
rivedere per apprezzarne il solo apparente nonsense che prende forma già
 nella definizione della grande assente:" un cerchio, non completamente chiuso che termina con un trattino dritto "

 
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